Marzamemi è una frazione marinara del comune di Pachino da cui dista circa 2 km, è inoltre situata a 20 km da Noto, capitale del barocco. Si trova in provincia di Siracusa.

L’origine del nome Marzamemi è controversa: secondo alcuni deriverebbe dalle parole arabe marsa (‘porto’, ‘rada’, ‘baia’) e memi (‘piccolo’), mentre secondo il glottologo netino Corrado Avolio, nel suo Saggio di toponomastica siciliana, il toponimo deriverebbe dall’arabo marsà al-ḥamāma, cioè ‘baia delle tortore’, “per l’abbondante passo di questi uccelli, in primavera”. Simone Sultano, parroco di Pachino tra il 1885 e il 1944, rileva invece come alcuni lo fecero erroneamente derivare da marza e memi, ‘pidocchio’, perché le madri solevano dire questa parola ricercando i parassiti tra i capelli dei figli. Antonino Terranova, infine, nel volume Pachum Pachynos Pachino, storie e leggende da Pachino a Capopassero, cita anche un’altra tesi, secondo la quale “Memi” sarebbe riferito a Eufemio, l’ex comandante della flotta bizantina il quale, ribellatosi all’imperatore Michele II l’Amoriano, passò dalla parte degli Arabi e con loro incominciò la conquista dell’isola. Marzamemi significherebbe dunque ‘porto di Eufemio’.

Storia

Il borgo è nato attorno all’approdo, poi divenuto porto da pesca, e si è sviluppato grazie a quest’ultima attività, molto praticata ancor oggi, dotandosi anche di una Tonnara, tra le più importanti della Sicilia. La tonnara di Marzamemi risale al tempo della dominazione spagnola in Sicilia nel 1600 sotto il regno di Filippo IV. Nel 14/02/1655 venne venduta al barone Simone Calascibetta di Piazza Armerina.

Nel 1752 furono ultimate la costruzione del palazzo, della chiesa della tonnara, dedicata alla Beata Maria Vergine di Monte Carmelo, e delle casette dei marinai per opera dei baroni Calascibetta. Anche la nascita della vicina Pachino (1760), voluta dagli Starrabba, aveva impresso un nuovo impulso a Marzamemi, con la costruzione dei magazzini che si trovano lungo la via principale e che servivano per custodire sia le botti di vino, da spedire poi via mare in Liguria e in Francia, sia le oltre trecentomila tonnellate di sale, prodotte dalle due saline di Morghella e Marzamemi. Verso la fine dell’800 Antonio Starrabba, marchese Di Rudinì, che fu per due volte presidente del consiglio dei ministri, fece costruire un grande palmento, mentre i Villadorata realizzarono un mulino a vapore, che fu poi convertito in distilleria.

Nel 1843 moriva senza eredi Salvatore Calascibetta e la tonnara fu ereditata dalla nipote Giovanna Antonia Calascibetta. I debiti accumulati dal 1795 comportarono vari contenziosi giuridici. Tale occasione permise, dunque, a Corrado Nicolaci principe di Villadorata – già gabelloto di tonnara – di rilevare a poco a poco la maggioranza dei 24 carati dell’impianto, che fruttava 14.000 onze. Con il passaggio della tonnara dai Calascibetta ai Nicolaci, avvenuta solo nella seconda metà dell’Ottocento, ha inizio la “storia contemporanea” di Marzamemi. Il borgo marinaro, in quel momento, non era ancora ben collegato con i vicini centri abitati. Fu così che l’Intendenza borbonica fece costruire la rotabile Marzamemi-Pachino (1847-1853), con l’auspicio di far progredire il commercio marittimo. Il nuovo asse, infatti, migliorò il collegamento con l’area portuale favorendo così il rilancio dell’economia, che ebbe ricadute con la costruzione del Porto Fossa (1855).

Nel 1912 fu costruito a Marzamemi uno stabilimento di lavorazione del tonno salato e in seguito del tonno sottolio. La pesca della tonnara fu abbondante fino al dopoguerra. A Marzamemi si effettuavano due mattanze ogni giorno: una al mattino e una nel primo pomeriggio. La camperia era lo stabilimento conserviero addossato alla loggia ed al palazzo del Principe, i ruderi del quale, delimitati dalla Via Jonica, dalla via Marzamemi e dalla via Letizia, sono riconoscibili per l’alto fumaiolo quadrilatero (ora a rischio di crollo). In origine i fumaioli erano due, ma il più maestoso crollò il 12 giugno del 1943, pochi giorni prima dello sbarco alleato, quando la tonnara venne mitragliata, con morti e feriti, dall’aviazione inglese. Lo stabilimento nell’ultimo periodo funzionava per conto dell’industria per la conservazione del pesce di Angelo Parodi di Genova. Addetti alla lavorazione erano specialisti genovesi (come per le altre tonnare della zona) come genovese ne era il direttore, per il quale nell’ambito dello stabilimento stesso fu costruito un alloggio al primo piano. Le scatolette di diverse dimensioni, prodotte a Marzamemi, venivano commercializzate con il marchio di fabbrica “AP Angelo Parodi Genova – Tonno all’olio puro di oliva – Lavorazione sul posto di pesca”. Lo stabilimento, che chiuse nel 1926 per mancanza di materia prima, risorse nel 1937 per opera della nobile signorina Preziosa dei Baroni Bruno di Belmonte di Ispica. Per un lungo periodo tutto il pescato della tonnara toccava in esclusiva ai siracusani Cappuccio. Dopo la morte di Ottavio Nicolaci, nessuno dei Villadorata soggiornò nel palazzo e la tonnara chiuse definitivamente nel 1969 (fonte testo citato di Salvo Sorbello). 

Nel secondo dopoguerra è stata costruita nella piazza, per volere di papa Pio XI, una nuova chiesa, dedicata a san Francesco di Paola, con un rosone di stile romanico nel prospetto. 

Nel 1959 un pescatore del luogo, Alfonso Barone, scoprì casualmente a circa un chilometro dalla costa di Marzamemi il relitto di un’antica nave mercantile bizantina, presumibilmente risalente al VI secolo durante il regno di Giustiniano I, naufragata mentre trasportava elementi architettonici e decorativi prefabbricati per la costruzione di una chiesa. Il sito fu oggetto di ricerche da parte dell’archeologo tedesco Gerhard Kapitän e di Pier Nicola Gargallo. rif. wikipedia